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Come per tutti i suoi film, Eggers ci trasporta in un mondo ricco di ambientazioni gotiche, pieno di ombre e luci che non riescono pienamente ad illuminare, come se fossero soffocate da quelle forze maligne che sono, di fatto, le vere protagoniste delle sue pellicole. Con Nosferatu, Eggers fa un lavoro molto simile a quello che fece per le sue opere precedenti, ovvero impregnare le sue storie di elementi grotteschi che risultano sopportabili e, a tratti, gradevoli, grazie alla fedeltà del folklore da cui prende ispirazione. Come in The Witch (2014), primo lungometraggio che lo ha affermato come regista, Egger rimane fedele alle credenze e alle tradizioni che, in quel caso, riguardavano le streghe.
La stessa fedeltà la possiamo ritrovare sia nel film The Northman (2022) adattamento della tragedia di Amleto ambientata, però, nell’Islanda del X secolo, che ci trasporta in un mondo fatto di vendetta, guerra e sangue, ricalcando gli usi e i costumi della cultura vichinga. Un lavoro diverso è stato fatto, invece, per The Lighthouse (2019) dove a prevalere non era tanto la fedeltà al folklore ma l’aspetto più introspettivo incarnato dai personaggi. Con quel film, Eggers ha voluto esplorare la psiche umana e concentrarsi maggiormente sull’inconscio dell’uomo, elementi che sono presenti nelle sue pellicole ma che non sempre divengono i suoi protagonisti.
Quello che è certo è che il regista non lascia niente al caso. La scelta degli attori è un altro elemento che dice molto del modo di lavorare di Eggers. Lily-Rose Depp, che ho seguito poco, ha dato prova della sua padronanza attoriale, cosa che non mi aspettavo e che mi ha lasciato stupita. Ciò è possibile dirlo per Nicholas Hoult, che sebbene sia un attore che ho visto diverse volte, non mi ha mai particolarmente colpito come ha fatto in questo film. Il modo in cui è stato in grado di trasmettere la paura e il panico come se fossero sentimenti che stesse provando proprio in quel momento mi ha lasciata veramente senza parole.
D’altronde non è difficile pensare che li abbia provati veramente, considerando la conosciuta inclinazione di Bill Skarsgård nell’interpretare creature mostruose (e nel riuscirci senza difficoltà). Nel cast figura anche Willem Dafoe, che firma la sua terza partecipazione con Eggers, suggellando una collaborazione che, speriamo, duri anche per i prossimi lavori.
In questa pellicola, Eggers ha dato il meglio di sé. Possiamo notare la sua firma non tanto nella storia raccontata, ma per la fedeltà delle ambientazioni, che traggono una diretta ispirazione al film del 1922. Solo Eggers poteva far tornare di moda i vampiri, donandogli un nuovo mistero e, anche, una nuova prospettiva.
Questa prospettiva è possibile coglierla se analizziamo il rapporto che esiste tra il Conte Orlok e Ellen. Sembra che i due abbiano fatto un patto, tanti anni prima, e che si siano promessi amore, un amore che deve essere rinnovato. Di fatto, tutta la vicenda ruota intorno a quest’obiettivo, tant’è che il Conte decide di abbandonare la terra nella quale era relegato per avvicinarsi di più alla ragazza. È molto interessante notare il potere di cui il personaggio del conte Orlok è stato investito. Lui si definisce come un semplice “appetito” per Ellen, una risposta alla sua fame e alla sua “malinconia”.
È vero che tra i due esiste un legame estremamente viscerale, un qualcosa che li ha connessi in un momento in cui, entrambi, avevano bisogno l’uno dell’altra. Il problema è che, come accade in queste situazioni, i legami diventano catene, ed il loro rapporto era diventato per Ellen una prigione. Così, quando ha tentato di liberarsene, il Conte è diventato violento e ha minacciato di uccidere tutti se, lei, non avesse rinnovato il loro patto.
Ricorda qualcosa?
Come fa un film di vampiri riuscire, senza volerlo, a ricoprirsi di una veste sociale? Cosa è il rapporto tra il Conte Orlok ed Ellen se non la rappresentazione gotica di una semplice relazione che oggi definiamo tossica? Un rapporto fatto di possesso, di esclusione dell’altro, di dipendenza e sottomissione, velata dalla falsa promessa di un libero arbitrio che è tuo di diritto ma che non ti compete più nel momento in cui ti allontani da me. La rappresentazione del vampiro, per veicolare questo messaggio, non è casuale. Il vampiro si attacca alle persone per sopravvivere, regalando un’illusione di beatitudine e di piacere mentre, piano piano, ti porta via tutto, finché di te non resterà che un involucro vuoto.
L’intenzione di Eggers non è evidente, ed è probabile che non sia neanche quella. Ma se un film riesce, per sbaglio o per volontà, a darti qualcosa su cui ragionare, allora è un film riuscito. E nessuno si aspettava di meno da un regista come Eggers.
Scritto da: Marta Cervellino
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