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Truth, il social network fondato da Donald Trump

todayOttobre 29, 2022

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Truth, il social network fondato da Donald Trump

Truth, il social network fondato da Donald Trump è da poco stato ammesso su Google Play. Era stato escluso temporaneamente dal marketplace perché non aveva regole efficaci per contrastare i discorsi discriminatori o potenzialmente violenti. Truth è descritto come “un’alternativa a Big Tech che incoraggia una conversazione globale aperta, libera e onesta senza discriminare sulla base dell’ideologia politica”.

DONALD TRUMP

Il suo creatore, Donald Trump, è bannato in modo permanente su Twitter da quasi due anni. L’altra vicenda che ha fatto discutere nelle settimane recenti è l’intenzione di Ye, meglio conosciuto come Kanye West, di acquistare Parler, il social che si definisce “l’app globale per la libertà di espressione.” Alcuni giorni prima, Kanye West era stato bandito sia da Twitter che da Instagram per via di un commento antisemita.

Il tema della libertà di espressione sulle piattaforme social è certamente complesso, e il confine tra ciò che costituisce difesa della sicurezza e della dignità di tutti gli utenti (specialmente di quelli appartenenti a categorie marginalizzate) e ciò che invece si configura come una censura non è sempre facile da individuare.

C’è una specifica parte politica – quella afferente alla destra repubblicana statunitense e alla cosiddetta alt-right – che supporta, da sempre, l’idea di piattaforme non moderate.

Quest’area, rappresentata da personaggi molto in vita come Trump o West, sta guardando con crescente interesse ai “social media alternativi”. Truth e Parler ne sono due esempi lampanti, ma ne esistono altri, come Gettr o Rumble.

MAINSTREAM

La necessità di Trump e di Ye di non utilizzare i social media mainstream non è però radicata in una critica al modello di informazione che Big Tech propone né in considerazioni sulla gestione privata dello spazio digitale.

Si tratta di una necessità dettata essenzialmente da ragioni personali o interessi politici particolari: un certo tipo di narrazioni, che spesso sfociano in discorsi d’odio, non trovano spazio sui social media più comuni, che implementano (anche se in modo spesso incoerente, poco trasparente e poco efficace) una serie di politiche di moderazione dei contenuti.

“Nessuno di questi uomini ha manifestato il desiderio di creare qualcosa di nuovo, quanto piuttosto di riportare indietro le lancette dell’orologio a un Far West digitale concepito in modo superficiale, dove i potenti possono infliggere danni senza subire conseguenze” ha commentato Charlie Warzel su The Atlantic.

CENSURA

La totale identificazione della moderazione dei contenuti con la censura è un’idea condivisa anche da Elon Musk, che, agli albori della saga dell’acquisto di Twitter si era definito “un assolutista della libertà di espressione”.

Il Pew Research Center ha da poco pubblicato uno studio sui cosiddetti “social media alternativi”. Dall’analisi, condotta su quattro piattaforme (Palrer, Rumble, Truth e Telegram) è emerso che gli utenti considerano le informazioni reperibili su di esse “più accurate” e le discussioni più distese e amichevoli.

Lo studio evidenzia un altro aspetto importante: gli account più in vista, “tendono a enfatizzare le identità di destra e i valori religiosi e patriottici.” La crescita della popolarità dei social a trazione conservatrice è un sintomo di un dibattito politico sempre più polarizzato, una tendenza che di certo non riguarda solo gli Stati Uniti.

Se è vero che le politiche di moderazione delle piattaforme più tradizionali lasciano molto a desiderare in fatto di efficacia e di trasparenza, è altrettanto vero che non sarà una crociata guidata dai miliardari conservatori a cambiare in modo significativo lo status quo.

Scritto da: ester.cavallo

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