Guerra Ucraina

Dugin, filosofo ultranazionalista, chiede la destituzione di Putin

todayNovembre 12, 2022

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Dugin, filosofo ultranazionalista, chiede la destituzione di Putin

Dugin, filosofo ultranazionalista, chiede la destituzione di Putin. “La storia parla oggi e pronuncia parole terribili”, dice il filosofo in un post dai toni apocalittici, “Nessuna operazione di pubbliche relazioni in questo caso ci salverà. In una situazione critica, le tecnologie politiche non funzionano affatto”.

ALEXANDR DUGIN

Dugin, filosofo ed esponente di spicco del nazionalismo russo, ha lanciato un duro attacco al presidente Vladimir Putin, avvertendo che il ritiro da Kherson, in Ucraina, è “l’ultimo possibile” e che in caso di nuove battute d’arresto militari, chi è al potere deve essere eliminato.

Dugin – la cui figlia Daria è stata vittima di un attentato l’estate scorsa vicino Mosca – ha pubblicato ieri, dopo il ritiro russo da Kherson, un lungo post su telegram.

“Diamo al sovrano la pienezza assoluta del potere per proteggerci tutti – il popolo e lo Stato – in un momento critico. Se per questo si circonda di spiriti maligni o sputa sulla giustizia sociale, questo è spiacevole, ma sappiamo che ci protegge.

E se non ci proteggesse? In quel caso lo attende il destino del ‘Re delle piogge'”.

Il riferimento è a un racconto del “Ramo d’oro” di James Frazer, in cui un re viene ucciso perchè non riesce a portare la pioggia durante la siccità.

“L’autocrazia ha un aspetto negativo. Pieni poteri in caso di successo, ma anche piena responsabilità in caso di fallimento”, ha scritto il filosofo senza mai citare per nome Putin.

“A Kherson si sono arresi del tutto”, prosegue Dugin, “nessuna critica verso Surovikin (il comandante delle truppe russe in Ucraina, ndr), lui non è un politico, è responsabile della parte tecnica del fronte.

La critica non è verso di lui, ma per chi sapete bene. Nessuna operazione di pubbliche relazioni in questo caso ci salverà. In una situazione critica, le tecnologie politiche non funzionano affatto. La storia parla oggi e pronuncia parole terribili“.

Il malumore di Solovyov

Il malumore dei fedelissimi di Putin di fronte alla ritirata da Kherson non è visibile solo attraverso il misterioso post di Dugin. Anche Vladimir Solovyov, uno dei principali megafoni della propaganda russa, ha detto in tv che «la Russia ha bisogo di un esercito più grande, in grado di sostenere una guerra a tutto campo in Europa».

Non solo: chiede che i «gravi problemi» insorti nell’operazione militare, «ormai in stallo», vengano «risolti con il pugno di ferro», e che gli obiettivi originari devono rimanere gli stessi.

Il rischio per Putin

La situazione, per Putin, presenta ora più di una criticità, secondo quanto riportato da Steve Rosenberg, corrispondente da Mosca della Bbc.

Che — nella sua rassegna stampa del 10 novembre — già segnalava l’editoriale della Nezavisimaya Gazeta che prendeva sì le mosse da quanto accaduto a Kherson, per poi allargare però il discorso. Il titolo dell’editoriale è: «Sull’infallibità di chi è al potere».

«Il nostro sistema si fonda sulla ricerca di un grande leader. A lui viene concesso il diritto di decidere le priorità politiche ed economiche. Le sue decisioni non si discutono.

Ma questo comporta che lui non possa fare errori, perché non c’è alcun meccanismo per correggerli. È come se un leader che ammettesse di aver fatto errori compromettesse il suo status, e facesse dubitare delle sue qualità le persone che ha intorno.

Ma se questa è la percezione del potere, è molto difficile organizzare una politica normale, nella quale uno dei compiti principali sarebbe quello di correggere gli errori per tempo.

La politica, in un ambiente come quello attuale, porta inevitabilmente a narrazioni propagandistiche che, a loro volta, non vengono corrette».

Il presidente russo ha cercato in tutti i modi di distanziarsi dalla decisione di ritirarsi da Kherson: non a caso, l’annuncio è arrivato in tv, ma a parlare erano il generale Surovikin — comandante delle forze sul campo — che ha «consigliato» al ministro della Difesa Shoigu di ritirarsi dalla città; e a quel punto, Shoigu ha «accolto» il suggerimento e dato l’ordine alle truppe.

«È stato il ministro della Difesa a prendere la decisione, non ho nulla da dire su questo punto», ha commentato infatti il portavoce di Putin, Dmitry Peskov.

IL CREMLINO

«Il Cremlino cerca di far sembrare l’esercito responsabile di quanto accaduto. Ma è stato il presidente Putin a ordinare l’invasione dell’Ucraina.

Quella che definisce “operazione militare speciale” è stata una sua idea. E prendere le distanze da qualsiasi aspetto di questa operazione non sarà semplice», scrive Rosenberg.

«C’è un pericolo per Putin, in questa situazione: un pericolo che c’era già prima della ritirata da Kherson. Gli eventi degli ultimi 9 mesi rischiano di cambiare il modo in cui Putin viene visto in patria: non tanto dal pubblico, quanto — ed è cruciale — dall’élite russa, dalle persone che ha intorno, dalle persone al potere.

Per anni hanno visto Putin come un infallibile stratega, come qualcuno in grado di emergere sempre come vincitore.

Lo hanno considerato il punto fermo del sistema di cui fanno parte, e che è stato costruito intorno a lui. Ma le vittorie scarseggiano, dal 24 febbraio a oggi.

L’invasione non è andata secondo i piani. Non solo ha portato morte e distruzione in Ucraina, ma ha anche causato significative perdite nell’esercito russo.

Putin aveva promesso che soltanto soldati di professione si sarebbero sobbarcati l’onere di combattere: e poi ha mobilitato centinaia di migliaia di cittadini russi perché prendano parte alla guerra.

I costi economici sono a loro volta stati considerevoli. Il Cremlino ha sempre dipinto Putin come “mister stabilità”, per la Russia. Ma questa narrazione è diventata ben più complicata, ora».

attestazione soa
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@larepubblica @ilmessaggero

Scritto da: ester.cavallo

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